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Rapporti di lavoro: subordinato, autonomo e parasubordinato – elementi distintivi

27/12/2020

Il rapporto di lavoro si può definire come ogni attività umana economicamente rilevante, la cui caratteristica principale è la sua natura onerosa. In base alla modalità di svolgimento i rapporti di lavoro sono distinti in rapporti di lavoro subordinato, autonomo e parasubordinato.

Lavoro subordinato

Il primo tipo, quello subordinato, è disciplinato principalmente dal articolo n. 2094 del CC che definisce il prestatore di lavoro subordinato e non il rapporto di lavoro subordinato. Dalla lettura dell’articolo si può inoltre desumere che il rapporto di lavoro subordinato è un rapporto sinallagmatico attraverso il quale il prestatore di lavoro si obbliga, dietro un corrispettivo, a collaborare nell’impresa sotto la direzione del datore di lavoro.

Elementi distintivi del lavoro subordinato

Gli elementi distintivi del rapporto di lavoro subordinato, dopo un’attenta analisi del articolo 2094 sono:

  • l’onerosità,
  • la collaborazione,
  • l’eterodeterminazione.

Come già accennato precedentemente, un rapporto di lavoro si può definire tale soltanto se l’attività lavorativa viene prestata in cambio di un compenso. Il contratto che si va a instaurare tra il datore di lavoro e il lavoratore ha come causa lo scambio tra la prestazione di un’attività e il relativo compenso. Questo tipo di contratto, proprio sotto il profilo della sua causa, è un contratto sinallagmatico e oneroso.

Il secondo elemento distintivo del contratto di lavoro subordinato è rinvenibile nel concetto della collaborazione il cui significato letterale è “lavorare insieme”. La collaborazione va intesa quale integrazione organica e idealmente continuativa del lavoratore all’interno del sistema produttivo o sociale diretto dal datore di lavoro.

In base alla logica del terzo elemento distintivo del rapporto possiamo affermare che da una parte il lavoratore mette a disposizione dell’azienda le proprie energie lavorative, mentre dall’altra il datore di lavoro determina il contenuto dell’attività che il lavoratore dovrà eseguire. Il fatto che il lavoratore non abbia alcuna influenza nella scelta del contenuto della prestazione è dovuto al criterio di eterodeterminazione dell’attività lavorativa. Questo criterio distingue in modo inequivocabile il rapporto di lavoro subordinato dal rapporto di lavoro autonomo.

Per spiegare meglio l’elemento dell’eterodeterminazione si deve fare un confronto diretto tra il lavoratore autonomo e il lavoratore subordinato. Se nel caso di rapporto di lavoro autonomo è il lavoratore a scegliere il contenuto dell’attività e come svolgerla, accollandosi il rischio del risultato positivo o negativo, nel caso di rapporto di lavoro subordinato è il datore di lavoro a decidere il contenuto e come andrà svolta l’attività. In quest’ultimo caso il lavoratore dovrà solo eseguire la prestazione sotto la direzione dell’imprenditore.

Obblighi del lavoratore subordinato

La subordinazione implica la soggezione del lavoratore subordinato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Il legislatore attraverso gli artt. 2104 e 2105 del codice civile definisce due precisi obblighi del prestatore di lavoro subordinato.

Il primo è riferito alla diligenza nell’esecuzione della prestazione, nel totale rispetto delle disposizioni impartite direttamente dal datore di lavoro o dai suoi collaboratori gerarchicamente superiori.

Il secondo obbligo, ovvero la fedeltà, consiste nell’esclusività che il lavoratore deve garantire al suo datore di lavoro con riferimento all’attività da esso svolta. In altre parole, il lavoratore non può divulgare informazioni riguardanti l’attività dell’imprenditore che possano causare un danno. Il dipendente inoltre non può esercitare per conto proprio un’attività in concorrenza con quella svolta dal proprio datore di lavoro.

Il potere disciplinare nel rapporto di lavoro subordinato

Un altro importante elemento collegato al principio di subordinazione è il potere disciplinare del datore di lavoro. Questo potere è un elemento che caratterizza esclusivamente il rapporto di lavoro di tipo subordinato e viene regolato dall’art. 2106 del Codice Civile.

Quando il lavoratore non rispetta gli obblighi previsti, ovvero diligenza e fedeltà, al datore di lavoro viene riconosciuta la possibilità di applicare le sanzioni disciplinari previste dalla contrattazione collettiva e dall’art. n. 7 della Legge 300/1970.

Lavoro autonomo

Il secondo tipo di rapporto di lavoro è quello di tipo autonomo. Questo tipo di rapporto è disciplinato soprattutto nel Codice Civile, attraverso il Titolo III, intitolato proprio “Del Lavoro Autonomo”.

L’art. 2222 del codice civile definisce il lavoratore autonomo colui che si obbliga nei confronti di un committente a compiere un opera senza vincolo di subordinazione e dietro compenso economico. Un elemento distintivo del rapporto di lavoro autonomo è rappresentato proprio dalla mancanza di subordinazione.

La prestazione oggetto del contratto sarà eseguita in modo completamente autonomo dal lavoratore che sarà l’unico responsabile del risultato finale. In altre parole il lavoratore autonomo ha il rischio d’impresa. L’organizzazione per lo svolgimento del lavoro è fatta esclusivamente con mezzi propri del lavoratore e il committente non ha alcun potere direttivo su di essa.

Lavoro parasubordinato

Oltre al lavoro svolto in modo subordinato o autonomo, esistono prestazioni lavorative definite parasubordinate.

Il lavoro parasubordinato è un rapporto di lavoro autonomo ma viene assimilato al lavoro subordinato in quanto esiste una collaborazione continuativa e personale all’impresa da parte del prestatore. Proprio per questa sua natura molto vicina a quella del lavoro subordinato, il legislatore ha garantito più tutele rispetto a rapporto di lavoro autonomo.

Il rapporto di lavoro parasubordinato è stato riconosciuto per la prima volta dalla Legge 533/1973. Tale norma prevede l’applicazione delle disposizioni sul processo del lavoro, anche alle controversie riguardanti i “rapporti di collaborazione che si concretizzino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato” (art 409 cpc).

Dall’esame dell’art 409 del codice di procedura civile si evincono i requisiti della parasubordinazione:

  • la personalità della prestazione di lavoro, cioè la prevalenza del carattere personale dell’apporto lavorativo;
  • la collaborazione, nel senso che si esclude qualsiasi vincolo di subordinazione del lavoratore nei confronti del committente;
  • il coordinamento, che consiste nel collocamento funzionale dell’attività del prestatore d’opera nella struttura del committente;
  • la continuità per cui la prestazione non ha carattere occasionale, ma continuativo.

Proprio a causa della sua natura, per il rapporto di lavoro parasubordinato sono previste maggiori tutele rispetto al rapporto di lavoro autonomo. Alcune di queste tutele, tipiche del rapporto di lavoro subordinato, sono di natura previdenziale ed assicurativa come ad esempio: la possibilità di sospendere il rapporto in caso di gravidanza, malattia o infortunio.

Altre tutele riguardano l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare,  l’erogazione dell’indennità di maternità/paternità e malattia da parte della Gestione Separata INPS, alla quale è obbligatoria l’iscrizione di ogni collaboratore.

Nonostante non esista un vincolo di esclusività da parte del collaboratore nei confronti del committente, il rapporto di collaborazione prevede l’obbligo di fedeltà e di riservatezza. In forza a questi obblighi il collaboratore non può svolgere la sua attività in concorrenza con quella svolta dal proprio committente, né può diffondere notizie relative all’attività o arrecarvi pregiudizio (art. 64 D. Lgs. 276/2003).

L’EX contratto di lavoro a progetto

Con il D. Lgs. 276/2003 era stato introdotto il contratto di lavoro a progetto (artt. 61-69). L’articolo n. 61 partiva proprio dalla descrizione fatta dall’art. 409 del Codice di procedura civile e stabiliva che questi  tipi di contratto dovevano essere riconducibili a uno o più progetti specifici. Il progetto da compiere anche se determinato dal committente doveva essere gestito autonomamente dal collaboratore senza alcun tipo di subordinazione e senza rilevanza del tempo utilizzato per compierlo.

In base alla modifica apportata all’art n. 61 del D. Lgs. 276/2003 e dalla Legge 92/2012 il contratto di collaborazione a progetto doveva essere collegato ad un risultano finale. Inoltre in base a queste ultime integrazioni il progetto non poteva essere una “mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente” né una semplice elencazione di compiti esecutivi e ripetitivi.

L’art. 62 del D. Lgs. 276/2003 come modificato dalla Legge 92/2012 definiva inoltre i requisiti del contratto che regolava il lavoro parasubordinato, ovvero la forma scritta.

Nel contratto di collaborazione a progetto dovevano essere indicati: la durata della prestazione, la descrizione del progetto, il suo contenuto, il risultato finale, il corrispettivo e le forme di coordinamento tra il committente e collaboratore.

A partire dal 1° gennaio 2016 in base alle modifiche introdotte dal Jobs Act non è più possibile stipulare nuovi contratti di lavoro a progetto.

 

 

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© 2020 | MIRELLA MUSAT – p.iva 11927420015

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