Il lavoro domestico è un rapporto di lavoro subordinato che regola le attività svolte da un lavoratore per il funzionamento della vita familiare ed è disciplinato dall’art. 1 della legge 339/58 e dall’art. 1 del CCNL di riferimento.
Sommario
Il rapporto di lavoro domestico
Quando si parla di lavoro domestico il pensiero va subito a “colf e badanti” però sono lavoratori domestici tutti quei lavoratori che prestano la loro attività per migliorare l’andamento della vita familiare come: le babysitter, i cuochi, i giardinieri, gli autisti, ecc.
Un contratto di lavoro domestico può essere stipulato sia a tempo pieno sia part-time. Una peculiarità di questo rapporto è rappresentata dal fatto che i lavoratori domestici possono convivere con i propri datori di lavoro.
Il datore di lavoro domestico può essere un soggetto singolo, un gruppo familiare oppure una comunità (ad esempio una comunità religiosa) e in quest’ultimo caso si deve trattare di una comunità stabile senza scopo di lucro.
Per essere in presenza di un rapporto di lavoro domestico genuino l’attività del datore di lavoro non dev’essere di tipo professionale o industriale. Per fare un esempio, il professionista titolare di partita iva non può stipulare un contratto di lavoro domestico per effettuare le pulizie in ufficio. Per contro, lo stesso professionista, in quanto persona fisica, può attivare un contratto di lavoro domestico per far fare le pulizie nella propria abitazione.
Il contratto di lavoro domestico
Il lavoro domestico è regolato dal Codice civile (artt. 2240 – 2246), dalla legge 339/1958 e dal Contratto Collettivo collaboratori familiari – lavoro domestico del 2014, aggiornato nel mese di ottobre 2020. Per gli aspetti previdenziali si deve fare riferimento invece al DPR 1403/1971. Inoltre, tutti i rapporti di lavoro domestico devono rispettare quanto dettato dalla normativa e dal CCNL di riferimento.
In considerazione di ciò, un rapporto di lavoro domestico in regola implica: il riconoscimento della retribuzione minima, delle ferie, dei riposi, della tredicesima mensilità, del trattamento di fine rapporto nonché del trattamento economico per le festività e lavoro straordinario.
Quando si vuole assumere un lavoratore o una collaboratrice domestica è obbligatorio trasmettere la comunicazione di assunzione all’INPS, in via preventiva e telematica. Per la mancata comunicazione è prevista una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato.
Se invece si tratta di un rapporto di lavoro domestico con convivenza, si deve comunicare alla Questura tale contratto attraverso la cessione di fabbricato. Attenzione, se il lavoratore è straniero bisogna trasmettere anche la dichiarazione di ospitalità.
Oltre alle comunicazioni sopra citate si deve redigere una lettera di assunzione dove siano specificati i seguenti elementi:
- dati anagrafici del datore di lavoro e del lavoratore,
- data d’inizio del rapporto
- data fine del rapporto (se si tratta di un contratto a tempo determinato),
- tipo di assunzione (tempo indeterminato o tempo determinato, a tempo pieno o part-time),
- mansioni e livello di inquadramento,
- durata del periodo di prova,
- esistenza della convivenza, intera o parziale,
- durata dell’orario di lavoro e la sua distribuzione,
- luogo di lavoro,
- retribuzione concordata.
La busta paga e la CU
In base alla previsione dell’art. 33 del CCNL ogni mese il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore la busta paga. Tale documento deve contenere minimo i seguenti dati:
- retribuzione minima contrattuale di cui all’art. 34 del CCNL, comprensiva per i livelli D e D super di uno specifico elemento denominato indennità di funzione,
- eventuali scatti di anzianità di cui all’art. 36 del CCNL,
- eventuale compenso sostitutivo di vitto e alloggio,
- eventuale superminimo.
Considerando che al rapporto di lavoro domestico devono essere applicati correttamente anche tutti gli altri istituti specifici del rapporto di lavoro quali: ferie, TFR, tredicesima, trattamento per eventuali festività, malattie ecc,
L’elaborazione mensile del prospetto paga, con il calcolo corretto e progressivo di tutte le spettanze da riconoscere al lavoratore alla cessazione, evita i costi elevati che il datore di lavoro potrebbe sostenere per la ricostruzione di tutti quegli elementi variabili come le festività, le ferie, il lavoro straordinario, la tredicesima, il TFR, ecc.
La busta paga mensile dev’essere stampata in duplice copia, firmata dal lavoratore e ovviamente consegnata a quest’ultimo, solitamente assieme alla corresponsione della retribuzione.
Inoltre con cadenza annuale, il datore di lavoro deve consegnare al proprio dipendente la Certificazione Unica (ex CUD) utile ai fini della dichiarazione dei redditi.
Il calcolo della busta paga colf
La busta paga non deve essere elaborata da un soggetto autorizzato, come per le generalità dei lavoratori dipendenti, proprio in considerazione della natura privata del datore di lavoro. Pertanto, può essere redatta in autonomia direttamente dal datore di lavoro,
Per evitare contenziosi con il dipendente, durante o alla cessazione del rapporto di lavoro, è consigliabile indicare nel cedolino paga tutti gli elementi idonei a determinare l’importo della retribuzione mensile nonché i dati dei vari ratei, come ad esempio le ferie maturate, godute e residue, oppure l’ammontare del TFR maturato.
Si deve prestare particolare attenzione all’indicazione del lavoro straordinario e festivo. Bisogna calcolare correttamente la maggiorazione prevista nel caso in cui viene richiesto al lavoratore di prestare attività nelle giornate festive oppure di effettuare delle ore in più rispetto all’orario concordato. Lo svolgimento di lavoro straordinario deve però essere compatibile con il rispetto del riposo obbligatorio, giornaliero e settimanale.
Alla luce delle incombenze sopra elencate, è consigliabile affidare l’elaborazione mensile del cedolino a uno studio di consulenza del lavoro.
Il calcolo dei contributi colf
A seguito della comunicazione obbligatoria di assunzione trasmessa all’INPS, quest’ultimo provvede all’apertura di una posizione assicurativa a favore del collaboratore domestico.
Successivamente, l’Istituto invia al datore di lavoro il calcolo dei contributi dovuti, che devono essere versati trimestralmente attraverso l’avviso di pagamento PagoPA. Di seguito sono riportate le scadenze:
Periodo di riferimento | Scadenza |
versamento per il 1° trimestre | dal 1° al 10 aprile |
versamento per il 2° trimestre | dal 1° al 10 luglio |
versamento per il 3° trimestre | dal 1° al 10 ottobre |
versamento per il 4° trimestre | dal 1° al 10 gennaio |
I contributi sono calcolati in base alla retribuzione oraria effettiva percepita dal lavoratore applicando un determinato importo orario. Se il rapporto di lavoro supera le 24 ore settimanali, l’importo orario a titolo di contributo è fisso, indipendentemente dalla retribuzione oraria percepita.
Per determinare l’importo da versare trimestralmente si deve moltiplicare il contributo orario per il numero delle ore lavorate entro l’ultimo sabato del trimestre di riferimento.
Contributi INPS lavoratori domestici a tempo indeterminato:
Ore di lavoro settimanali | Retribuzione oraria effettiva | Contributo orario compresa CUAF | Contributo orario esclusa CUAF | Contributo orario conto dipendente | |
da | a | ||||
Fino a 24 ore settimanali | 0 (*) | 8,10 | 1,43 | 1,44 | 0,36 |
8,11 | 9,86 | 1,62 | 1,63 | 0,41 | |
9,87 | 999 | 1,97 | 1,98 | 0,49 | |
Sopra le 24 ore settimanali | 0 | 999 | 1,04 | 1,05 | 0,26 |
I contributi a carico del lavoratore sono trattenuti in busta paga dal datore di lavoro e versati all’INPS da quest’ultimo insieme a quelli a suo carico.
Oltre ai contributi comunicati dall’INPS, il datore di lavoro previa verifica di questi ultimi, deve calcolare e versare i contributi dovuti alla Cas.sa Colf
Attenzione! i contributi comunicati dall’INPS al datore di lavoro non sono compressivi dei contributi Cas.sa Colf
I contributi da versare alla Cas.sa Colf si calcolano sempre sul totale delle ore lavorate nel trimestre interessato e anch’essi sono divisi tra quota lavoratore e quota datore di lavoro.
La fine del rapporto di lavoro domestico
Come per la generalità dei rapporti di lavoro anche il rapporto di lavoro domestico può cessare per licenziamento (volontà del datore di lavoro) o per dimissioni (volontà del lavoratore).
In ogni caso si devono rispettare i termini di preavviso previsti dal CCNL che variano in base all’anzianità e all’orario settimanale svolto, se superiore o meno alle 24 ore. In caso di dimissioni i termini del preavviso sono dimezzati.
Si precisa che durante il periodo di prova si può recedere senza preavviso così come in presenza di una giusta causa.
Le dimissioni del lavoratore domestico non devono essere trasmesse telematicamente al Ministero del Lavoro, ma possono essere presentate in forma cartacea.
Il calcolo del TFR per i lavoratori domestici
Indipendentemente dalla causa di cessazione, al termine del rapporto di lavoro spetta il trattamento di fine rapporto.
Ai sensi della Legge 297 del 29 maggio 1992, il TFR si matura in base alle retribuzioni percepite nell’anno comprensive dell’eventuale valore convenzionale di vitto e alloggio.
Il trattamento di fine rapporto si matura ogni mese. Se le frazioni del mese superano i 15 giorni, il rateo dev’essere computato per intero, se sono inferiori, il rateo non viene maturato.
Ai fini della determinazione dell’importo del rateo si deve dividere la retribuzione annua utile per il numero convenzionale 13,5.
I vantaggi fiscali per chi assume regolarmente
Per chi assume colf o badanti sono previsti i seguenti vantaggi fiscali:
- chi ha alle proprie dipendenze del personale domestico inquadrato come colf può dedurre dal proprio reddito i contributi previdenziali versati per un importo massimo di euro 1.549,37,
- chi assume invece una badante può detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese sostenute per il personale addetto all’assistenza di persone non autosufficienti, per un importo massimo di euro 2.100,00 (se il reddito complessivo non supera euro 40.000,00).
I rischi per lavoro domestico in nero
Il fenomeno del lavoro nero in ambito domestico è molto diffuso anche a causa della mancanza di consapevolezza dei rischi che si corrono. Chi fa lavorare senza regolare contratto un lavoratore domestico rischia:
- sanzione amministrativa per la mancata comunicazione di assunzione da 100,00 a 500,00 euro,
- sanzione per mancata comunicazione di cessione di fabbricato da 103,00 a 1.549,00 euro,
- sanzione per mancata comunicazione di ospitalità da 160,00 a 1.100,00 euro,
- vertenza con il lavoratore per errato inquadramento, errato calcolo nella determinazione delle retribuzione spettante, ecc,
- richiesta da parte del lavoratore di somme aggiuntive a titolo di ferie non godute, tredicesima mensilità, straordinario, festività,
- eventuali somme aggiuntive da pagare a titolo di TFR,
- costi per i professionisti coinvolti nei conteggi da effettuare per la ricostruzione del rapporto di lavoro,
- costi per assistenza legale,
- contributi da versare all’INPS per l’intero rapporto di lavoro maggiorati degli interessi e delle sanzioni.
Pur assumendo regolarmente il lavoratore, il privato in qualità di datore di lavoro domestico può commettere degli errori nella gestione del rapporto di lavoro, nell’inquadramento e nel calcolo della busta paga, perciò è consigliabile rivolgersi a un professionista, considerando anche il basso costo previsto per tale servizio.